giovedì 16 dicembre 2010

Esame avvocato 2010: spunti atto amministrativo

Cons. Stato Sez. IV Sent., 30.11.2009 n° 7495
EDILIZIA E URBANISTICA - GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - I proprietari di immobili in un condominio si trovano, rispetto al diniego di condono riguardante una porzione di immobile di proprietà di altro condomino, e da essi rivendicata come appartenente al condominio, in una indubbia posizione di controinteressati, in fatto, in forza dell'elemento della "vicinitas", che, così come vale a conferire la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto terzo, conferisce loro la possibilità di agire "ad opponendum" nel giudizio promosso per l'annullamento del diniego di concessione edilizia riguardante una porzione del condominio, in virtù del solo vantaggio meramente consequenziale o del beneficio di mero fatto, che l'atto sia suscettibile di recare al loro patrimonio giuridico; essi, però, non si trovano nella posizione di controinteressati in senso formale e sostanziale. (Riforma parziale della sentenza del T.A.R. Puglia n. 03214/2005).
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1) Con atto notificato l'11 marzo 2005, depositato il successivo 23 marzo e rubricato al n. R.G. 460/2005 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari, l'odierno appellato, titolare dell'impresa di costruzioni "Petruzzella Mario e Magarelli Saverio" (che nell'anno 1979 aveva edificato il fabbricato sito in Comune di Terlizzi alla via Trieste n. 6 in forza di licenza di costruzione n. 58/76 rilasciata in data 19 agosto 1978 e successive varianti del 9 novembre 1978 e 26 novembre 1979), impugnava il provvedimento prot. n. 21124/86 in data 11 novembre 2002, con il quale il Comune di Terlizzi negava, ai sensi dell'art. 2 comma 37 lettera d) L. n. 662/96, la sanatoria edilizia richiesta da Petruzzella Mario (deceduto nell'anno 1987) relativa al cambio di destinazione d'uso, da bucataio ad abitazione, dei locali siti sul soprattico al IV piano di detto fabbricato, di cui l'appellato medesimo veniva nella domanda di condono indicato come comproprietario.
2) Alla Camera di Consiglio del 21 aprile 2005, fissata per la pronuncia sulla domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, il T.A.R., ravvisata la sussistenza dei presupposti per l'emanazione della sentenza in forma semplificata, definiva il giudizio, ai sensi degli articoli 21 comma 9 e 26 comma 4 della L. n. 1034/1971, come modificata dalla L. 205/2000.
3) Ciò in quanto il ricorrente, alla medesima Camera di Consiglio, aveva depositato nota prot. 7181 dell'11 aprile 2005 a firma del Dirigente del Settore Pianificazione Territoriale ed OO.PP. del Comune di Terlizzi, in cui si dichiara espressamente che:
- sulla domanda di sanatoria, ai sensi della L. 47/85 inoltrata dal sig. Petruzzella Mauro in data 30 settembre 1986 prot. 21124 si è formato il silenzio assenso in data 30 giugno 1989 e che a far data dal 30 giugno 1990 si è prescritto il diritto al conguaglio dell'oblazione;
- il provvedimento di diffida del 4 maggio 2000 notificato alla sig.ra Gargano Rosa in data 9 maggio 2000 ed il provvedimento di diniego dell'11 novembre 2002, notificato alla sig.ra Gargano Rosa in data 13 novembre 2002 devono essere annullati in quanto illegittimi;
- dovrà essere emessa ordinanza di ripristino a carico del sig. Magarelli Saverio, quale legittimo proprietario per l'esecuzione di lavori di ristrutturazione in assenza di D.I.A., giusto quanto stabilito dall'art. 33 comma 6 bis del D.P.R. 380/2001.
Avendo, dunque, "il difensore del ricorrente... dichiarato di non avere più interesse a coltivare il ricorso" (pagg. 5 - 6 sent.), il T.A.R., con sentenza 13 maggio 2005, n. 2157, dava atto della sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il ricorso, assumendo le conseguenti determinazioni in ordine alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso.
4) Nello stesso giudizio erano nel frattempo intervenuti "ad opponendum", con atto notificato il 26 aprile 2005 e depositato il successivo 5 maggio (pertanto dopo lo svolgimento della Camera di Consiglio, alla quale la causa era passata in decisione) gli odierni appellanti (nella loro qualità di condomini del citato edificio residenziale), notificando poi e depositando in data 14 maggio 2005 (e dunque successivamente alla pubblicazione della sentenza che definiva il giudizio) richiesta di remissione sul ruolo della causa, che il T.A.R., con successiva sentenza n. 3214/2005, dichiarava inammissibile, condannando gli istanti alla rifusione delle spese nei confronti sia dell'originario ricorrente che del Comune non costituito. Avverso le due citate sentenze, rese dal Giudice di primo grado nello stesso giudizio innanzi allo stesso rubricato col n. R.G. 460 del 2005, è diretto l'appello all'esame, con il quale viene, quanto alla prima, dedotto a motivo di doglianza "il fatto che il ricorso n. 460/2005 non veniva notificato agli odierni appellanti, pur rivestendo essi l'innegabile posizione di controinteressati in senso formale e sostanziale" (pag. 8 app.), e, quanto alla seconda, lamentata l'erroneità ed abnormità della condanna alle spese in essa contenuta. Si è costituito in giudizio il controinteressato, originario ricorrente, contestando, con successiva memoria, "la qualità di controinteressati degli odierni appellanti e quindi la sussistenza della legittimazione ad appellare unitamente ad un interesse concreto ed attuale ad interporre il gravame avverso le predette decisioni". Non si è costituito in giudizio, sebbene ritualmente evocato, il Comune di Terlizzi. Con Ordinanza n. 5600/2005, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 18 novembre 2005, è stata respinta la domanda di sospensione dell'esecuzione delle sentenze appellate. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 13 ottobre 2009.
5) L'appello, per la parte in cui è rivolto avverso la citata sentenza n. 3214/2005 che ha provveduto a definire il giudizio (peraltro con una sentenza in rito di declaratoria di improcedibilità per carenza di interesse, l'interesse alla cui impugnazione, semplicemente per veder affermato l'assenza del necessario contraddittorio tra le parti necessarie del processo, appare invero assai labile) a contraddittorio asseritamente incompleto, è da respingere in quanto infondato.
I condomini odierni appellanti si trovano invero, rispetto al diniego di condono oggetto del giudizio (riguardante una porzione dell'immobile di proprietà del controinteressato e da essi peraltro rivendicata come appartenente al condominio), in una indubbia posizione di controinteressati in fatto in forza dell'elemento della "vicinitas", che, così come vale "in re ipsa" a conferire la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto terzo (risultando la posizione del vicino "ex se" differenziata rispetto a quella della collettività genericamente intesa: Cons. Stato - sez. V - 3 febbraio 2000, n. 592; Cons. Stato - sez. V -11 aprile 1995, n. 587; Cons.Stato - sez. V - 16 aprile 1982, n. 277), conferisce loro la possibilità di agire "ad opponendum" (ed è altresì diritto vivente il riconoscimento della legittimazione a partecipare al giudizio in appello - sia nella qualità di ricorrente principale che di interveniente - a soggetti che, pur non essendo parti necessarie o intervenuti "ad opponendum" nel giudizio di primo grado, rivestono la qualità di legittimi contraddittori, perché titolari di una situazione soggettiva rilevante, caratterizzata da un interesse sostanziale di segno opposto a quello fatto valere con il ricorso originario, sulla quale si riflette la pronunzia di primo grado: cfr. Sez. IV, n. 6848 del 20 dicembre 2000 e, da ultimo, Sez. VI, n. 5834 del 2008) nel giudizio promosso per l'annullamento di un diniego di concessione edilizia riguardante una porzione del condominio, in virtù del solo vantaggio meramente consequenziale o del beneficio di mero fatto, che l'atto sia suscettibile di recare al loro patrimonio giuridico; ma non si trovano nella posizione di controinteressati in senso formale e sostanziale, che, così come è stata definita dalla giurisprudenza e dalla dottrina, è quella di un soggetto titolare di un interesse che sia sì qualificato ed opposto a quello di altro soggetto (e che, in quanto qualificato, deve trarre un vantaggio giuridicamente rilevante dal provvedimento, la cui legittimità venga posta in discussione davanti al giudice amministrativo), ma che sia altresì idoneo ad integrare gli estremi di una posizione giuridica implicitamente contemplata dall'atto impugnato, con la previsione espressa di un beneficio in suo favore: requisito, quest'ultimo, del tutto assente nel provvedimento oggetto del giudizio, di definizione di un procedimento di condono, cui gli odierni appellanti sono rimasti del tutto estranei, a nulla rilevando in proposito né il contenzioso civilistico solo successivamente ad esso instaurato (relativo peraltro non alle opere oggetto di condono, ma alla sola rivendica di proprietà della porzione di immobile, in cui esse sono state eseguite), né la loro posizione di interessati nel pure successivo procedimento instaurato dal Comune per il ripristino dei luoghi a séguito del contestato diniego della domanda di sanatoria. I citati soggetti, quindi, non rivestono nel presente giudizio la qualifica di controinteressati in senso formale e ad essi non andava notificato a pena di inammissibilità il ricorso originario a mente dell'art. 21 della legge n. 1034/1971 e dell'art. 36 del T.U. n. 1054/1924, il cui scopo è in realtà quello di non rendere assolutamente gravosa la tutela giurisdizionale, costringendo i ricorrenti alla ricerca di soggetti non agevolmente individuabili (Cons. Stato, V, 17 dicembre 1998, n. 1806). Riguardo, poi, alla pronuncia di improcedibilità resa dal T.A.R. sul ricorso stesso (sulla base della dichiarazione resa dal difensore del ricorrente in Camera di Consiglio, pacificamente idonea a determinare la conseguenza di ordine processuale trattane dal Giudice di prime cure, che è manifestazione del principio di unilateralità, che regge il processo amministrativo, posto a tutela delle posizioni soggettive appartenenti a colui che ha introdotto il giudizio, rispetto alle quali gli interessi della parte resistente assumono rilevanza solo in funzione di contrasto della pretesa azionata), i ricorrenti non hanno esplicitato alcuna doglianza, risultando peraltro inammissibili le molteplici contestazioni al merito delle deduzioni col ricorso di primo grado fatte valere, da intendersi assorbito dalla pronuncia in rito. Il gravame è dunque, quanto all'impugnazione della sentenza n. 2157/2005, da respingere. Con riferimento, invece, alla successiva sentenza, resa nello stesso giudizio, n. 3214/2005, con la quale il Giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile l'istanza di rimessione sul ruolo della causa proposta dagli odierni appellanti, premesso che non viene in alcun modo posta in dubbio dagli stessi la presenza in detta istanza dei presupposti richiesti dall'art. 91 c.p.c. (che fanno riferimento, per una pronuncia di condanna sulle spese, ad un procedimento contenzioso idoneo a determinare una posizione di soccombenza), l'appello è manifestamente infondato quanto alla contestazione della condanna alle spese processuali in favore dell'originario ricorrente, in quanto, com'è noto, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse (Cass. Civ., sez. III, 11 gennaio 2008, n. 406); sennonché nella fattispecie l'esito del procedimento innestato dalla richiesta in primo grado presentata dagli intervenienti ha visto gli stessi totalmente soccombenti (sì che non risulta violato il principio, secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa), mentre è poi inammissibile la generica denuncia della esorbitanza della condanna alle spese in favore del ricorrente in primo grado, atteso che gli appellanti non hanno specificato gli errori commessi dal primo Giudice, né precisato le voci di tabella degli onorari e dei diritti di procuratore, che si ritengono violate (Cass. civ., Sez. 1^, 23 settembre 2003, n. 14110). L'appello va invece accolto quanto alla contestazione della condanna alle spese del Giudizio nei confronti del Comune recata dalla citata seconda sentenza, non avendo questo svolto alcuna attività difensiva, con conseguente insussistenza del presupposto, per cui solo la parte, che abbia partecipato al giudizio e perciò sostenuto spese, può poi vedersele rifuse se ed in quanto vittoriosa all'esito della definizione del giudizio.
6) In definitiva, l'appello va respinto "in toto" quanto all'impugnazione della sentenza n. 2157/2005 ed accolto in parte, nei sensi di cui sopra, quanto all'impugnazione della sentenza n. 3214/2005.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe:
- lo respinge quanto all'impugnazione della sentenza n. 2157/2005;
- lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, quanto all'impugnazione della sentenza n. 3214/2005.
Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 13 ottobre 2009, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori:
Luigi Cossu, Presidente
Luigi Maruotti, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Armando Pozzi, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore

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